DOLCEDO "DUSEU"
Dolcedo è il più antico e popoloso centro della Valle del Prino ed è suddiviso in otto borgate sparse che occupano il fondovalle tra gli uliveti delle colline circostanti.
Il territorio comunale è costituito dal centro detto Piazza per essere anticamente sede del locale mercato, da Isolalunga, Costa Carnara, Bellissimi, Lecchiore con i suoi bellissimi laghetti, Magliani, Ripalta e da Castellazzo.
Le origini di Dolcedo risalgono al periodo alto medioevale, anche se la prima attestazione sicura dell'esistenza del borgo è costituita dalla concessione, nel 1103, fatta dal vescovo Adelberto di Albenga ai monaci di Lérins che avviarono la coltivazione dell'ulivo, destinata a diventare nei secoli successivi la principale fonte di ricchezza dell'intero comprensorio.
A partire dal XII secolo il paese passò sotto il dominio dei Marchesi di Clavesana e alla fine del secolo i dolcedesi si allearono con gli abitanti di San Giorgio di Torrazza e con quelli della zona costiera nel formare un'unico tripartito di Porto Maurizio, all'interno del quale divenne capoluogo della Valle del Prino, costituendo il terziere di San Tommaso, una delle tre circoscrizioni amministrative facenti parte della "Magnifica Comunità di Porto Maurizio".
Dopo essersi sottomesso a Genova già nel 1200, il borgo passa definitivamente alla Repubblica con la cessione dei diritti feudali sulla zona da parte dei marchesi di Clavesana, i quali, nel 1228, cedettero i loro diritti sul paese al podestà genovese in cambio dell'impegno del pagamento di 250 lire annuali ai marchesi.
Nel corso del trecento il paese visse un periodo di agiatezza economica con il fiorire di botteghe, negozi e macelli. In Piazza le botteghe vendevano i cuoi di Barberia, vini, cordami e panni per abiti da lavoro. Molto pregiato era il tessuto di arbasino fatto con lana del posto prodotto dalla ditta Gazzano. La famiglia Airenti aveva introdotto la coltura della seta di cui avrebbe avuto per molto tempo l'esclusiva.
Particolare rilevanza ebbe la coltivazione dell'ulivo e la commercializzazione dell'olio che resero in breve tempo uno dei centri più importanti della valle per l'ingentissima produzione di olive.
Venivano inizialmente spremute in frantoi a sangue, presenti nelle case degli abitanti più facoltosi.
In seguito il sistema di estrazione dell'olio venne perfezionato e si diffusero sempre più i frantoi ad acqua disseminati lungo le sponde del torrente.
Nell'epoca tardo medioevale si formarono numerose associazioni tra famiglie nobili dolcedesi, le quali, grazie ai lasciti ricevuti, divennero proprietarie di ingenti estensioni terriere amministrati da procuratori, che ne accrebbero l'importanza tanto da competere con le potenti famiglie di Porto Maurizio.
La chiesa principale è dedicata a San Tommaso apostolo. Di origini medievali, assunse l'aspetto attuale dopo la ricostruzione avvenuta nella prima metà del 1700 ad opera dell'architetto Giacomo Filippo Marvaldi.
La facciata è in stile barocco, preceduta da un portico di colonne di pietra nera che conserva il portale quattrocentesco. Il sagrato antistante è pavimentato in ciottolato bianco e nero. L'interno è a pianta a croce greca con tre navate, con profonda abside e sono presenti nove altari, alcuni di essi inseriti in cappelle. Il secondo altare della navata destra conserva la tela di Gregorio de Ferrari con il Martirio di San Pietro da Verona mentre il terzo da sinistra conserva la tela attribuita alla scuola di Cambiaso con il Martirio di Santo Stefano. Le tele dell'abside con la Natività della Vergine, lo Sposalizio della Vergine e la Morte della Vergine sono attribuite al fratelli Tommaso e Maurizio Carrega, figli del pittore Francesco Carrega di Porto Maurizio.
La Cappella ha origini medioevali e venne costruita intorno al 1425. L'esterno è in pietra grezza e la facciata è preceduta da un portico utilizzato come rifugio per i pellegrini.
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