I LEONI DI SICILIA
E' da tempo che non scriviamo più di libri, ma visto il periodo buio da coronavirus abbiamo più tempo e quindi riusciamo a dilettarci leggendo.
I LEONI DI SICILIA è scritto da Stefania Auci, 44 anni, trapanese di nascita ma trapiantata a Palermo dove lavora come insegnante di sostegno in un istituto tecnico alberghiero.
Il suo primo romanzo si intitola "Florence", edito nel 2015 da Baldini & Castoldi. Nel 2017 ha scritto, insieme a Francesca Maccani, il saggio "La Cattiva Scuola".
Il romanzo "I Leoni di Sicilia" esce in Italia dopo essere stato pubblicato negli Stati Uniti, in Germania, Francia, Spagna e Olanda con grande successo e le permette di vincere il Premio internazionale "Città dello Stretto" per la narrativa, della 51esima edizione dei premi Rhegium Julii di Reggio Calabria.
Ad oggi ha venduto 150mila copie ed è arrivato alla tredicesima pubblicazione, superando gli insuperabili Andrea Camilleri ed Elena Ferrante nella classifica dei libri più venduti.
Il romanzo narra la storia dell'ascesa dei Florio, sullo sfondo di quasi un secolo di storia, dalla fine del settecento al 1868.
I fratelli Paolo e Ignazio Florio, poverissimi di Bagnara Calabra, emigrano in Sicilia, a Palermo, in cerca di fortuna. Con loro c'è Giuseppina, la moglie di Paolo, e il loro figlio Vincenzo, ma Giuseppina ha nostalgia della Calabria, della sua casa e per sempre rimpiangerà la sua terra, rifiutando di ambientarsi nella nuova città. Siamo all'inizio del 1800 ed i fratelli affittano un magazzino, aromateria, dove iniziano a commerciare spezie di vari generi in una città difficile, piena di gelosie e contrarietà di ogni genere.
Paolo muore di tisi e Ignazio crescerà l'amato nipote Vincenzo come un figlio che, piano piano porterà successo e crescita alla casata.
Forte di un carattere indomito, pronto ad affrontare ed abbattere qualsiasi ostacolo, Vincenzo ha un orgoglio e una sete di potere tale che in pochi decenni diventerà imprenditore su molteplici fronti: commercio delle spezie, sfruttamento di cave di zolfo, produzioni vinicole (il famoso marsala), uso di macchinari per la lavorazione del ferro, trasporti marittimi, ottenendo dal Re perfino il monopolio del servizio postale per la Sicilia, partecipazioni in compagnie di assicurazione, quote di proprietà di navi da carico, gestione di tonnare, con la geniale idea di conservare il prodotto sott'olio dopo la cottura per una lunga conservazione.
Non altrettanto felice è la vita sociale: Vincenzo, seppur ricchissimo e con numerose proprietà immobiliari, è di origini umili e sarà sempre considerato un pervenu insolent, un cani di mannara, dai nobili di Palermo e persino da quelli in difficoltà finanziarie, costretti a chieder prestiti proprio a lui che si è creato un impero con fatiche inenarrabili.
"Allora la mia fatica è stata inutile? si chiede. Non è servito a niente? Non è bastato lavorare, creare un impero economico con quel poco che avevo in mano, sperimentare, spingersi a fare cose che nessuno mai ha provato in Sicilia?
No, non bastava.
Lo stemma, vogliono. Il sangue nobile. La rispettabilità."
Anche la vita familiare è piena di ostacoli. Sposerà la figlia di un commerciante milanese, Giulia, dopo una convivenza difficile e la nascita delle due figlie femmine e finalmente del maschio, Ignazio, che lo indurrà al matrimonio per dare un erede alla casata.
Sarà proprio Ignazio che finalmente darà alla casata Florio un erede con sangue nobile sposando una ragazza della nobiltà siciliana.
La narrazione è scorrevole e ben inserite nello sfondo storico, ben documentato. Proprio attraverso la lettura degli avvenimenti succedutisi in quasi ottant'anni, è più facile capire la complessità di una terra piena di contraddizioni ma altrettanto affascinante e coinvolgente.
Le dominazioni subite, da quelle francesi a quelle inglesi, al dominio dei Borboni, ai moti rivoluzionari, hanno contribuito a creare scontento e ribellione in ogni ceto, dai più poveri agli aristocratici. In questo contesto i Florio agiscono il più delle volte con arroganza e prepotenza facendo spesso pagare il prezzo alle persone a loro più care. E sono sempre le donne, specialmente in un'epoca in cui non si poteva parlare di emancipazione, a subirne le conseguenze più amare. Vittime, seppur in modo diverso, Giuseppina e Giulia: nessuna scelta è a loro concessa, né del luogo in cui vivere, né dell'amore da manifestare alla luce del sole. Figure molto diverse ma in fondo legate da un destino comune.
E' un mondo maschilista dove prevale la prepotenza come mezzo per affermarsi tra gli aristocratici attenti al casato e ai beni posseduti. Un mondo in cui l'erede maschio segna il destino delle famiglie, come nel caso di Ignazio che, con la sua nascita, restituisce alla madre Giulia la dignità fino al allora negata. "Il futuro ha smesso di essere un banco di nebbia al largo" ha pensato Vincenzo alla sua nascita.
Il dialetto siciliano è ben presente nel romanzo e ogni capitolo è contrassegnato da un proverbio siciliano, il più attinente alla storia dei Florio è "Cu manìa 'un pinìa" (chi si da da fare non patisce).
Un libro in cui la storia reale si mescola con equilibrio alla fantasia, indispensabile per raccontare sentimenti, passioni, emozioni e rancori e ci introduce nel cuore di questa terra generosa e diffidente al tempo stesso, che molto concede e tanto si attende. Una terra che è più facile comprendere se le si è vicino per origini e cultura. Che non si può fare a meno di amare, nel bene e nel male.
Titolo: I Leoni di Sicilia
Editore: Nord
pagine 437 - € 18,00
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